L’impingement femoro-acetabolare (FAI) è una condizione causata da un’anomalia della struttura ossea della testa femorale e/o dell’acetabolo che altera la normale articolarità dell’anca. Per effettuare diagnosi di FAI devono essere presenti sintomi (dolore, rigidità, ecc.), segni clinici (riduzione ROM in flessione, abduzione e rotazione interna, deficit di forza, ecc.) e segni radiografici (alterazione di tipo CAM, Pincer o mista all’RX). Si tratta di una problematica disabilitante perché colpisce prevalentemente la popolazione attiva tra i 20 ed i 45 anni, la quale influisce negativamente sull’attività sportiva, sulla qualità della vita ed aumenta il rischio di dipendenza da farmaci oppioidi.
Il trattamento del FAI comprende sia trattamenti conservativi sia chirurgici. La fisioterapia rappresenta solitamente la prima modalità di intervento, basata sulla gestione degli squilibri muscolari e dei fattori biomeccanici: rinforzo dei flessori, extra-rotatori ed abduttori d’anca, correzione della dinamica del passo ed aumento della mobilità dell’anca sono le principali strategie utilizzate nella gestione del FAI. Ad ogni modo l’efficacia della fisioterapia in questi pazienti rimane incerta. Dal punto di vista chirurgico invece, l’artroscopia d’anca è ad oggi la tecnica più utilizzata e raccomandata in quanto porta a buoni risultati essendo al contempo poco invasiva.
Ad oggi ci sono pochi dati a favore dell’efficacia del trattamento conservativo in pazienti con FAI. Considerando il fatto che sembra esserci correlazione tra FAI e conseguente osteoartrosi e conoscendo gli effetti negativi della chirurgia sulle strutture articolari, trovare una strategia conservativa efficace in alternativa alla chirurgia sarebbe un elemento di estrema rilevanza clinica. Per trovare conferma a questa ipotesi, abbiamo preso in esame lo studio di Hoit et al., pubblicato su “The American Journal of Sports Medicine” nel 2019.
Scopo dello studio
L’obiettivo di questo studio è fare ordine su quelle che sono le migliori evidenze rispetto all’efficacia della fisioterapia in pazienti con FAI ed inquadrarne il miglior trattamento possibile, ipotizzando che un approccio attivo e supervisionato comporti risultati migliori rispetto ad un approccio passivo.
Come è stato condotto lo studio?
Lo studio preso in esame è una revisione sistematica condotta attraverso il PRISMA statement che ha incluso studi randomizzati controllati che hanno analizzato interventi basati su fisioterapia, esercizio fisico o altre terapie in pazienti con diagnosi di FAI. Sono stati esclusi gli studi non randomizzati controllati.
L’autore principale ha eseguito la prima fase di screening eliminando gli studi non rilevanti ed in seguito ha provveduto ad applicare agli abstract rimanenti i criteri di inclusione ed esclusione. Gli studi identificati per la lettura del full-text sono stati valutati da due revisori: eventuali considerazioni ed opinioni discordi venivano risolte tramite confronto verbale. La qualità metodologica degli studi inclusi è stata valutata con la Detsky Scale.
Per quanto riguarda l’analisi dei dati, è stato utilizzato un software per metanalisi per l’aggregazione dei dati statistici. La stima complessiva dell’effetto del trattamento è la differenza media standardizzata (SMD) con intervallo di confidenza di 95%.
Un totale di 1015 studi è stato identificato dalla ricerca bibliografica e di 32 è stato letto il full-text: di questi, 5 sono risultati eleggibili per l’inclusione nella revisione sistematica.
Interventi ed outcomes
Tra i diversi studi sono stati identificati tre temi principali come differenze tra i gruppi di intervento ed i gruppi controllo:
- Utilizzo di core training a confronto dell’assenza di core training
- Interventi attivi a confronto di interventi passivi
- Fisioterapia a confronto di trattamento senza supervisione o istruzioni
Gli strumenti di valutazione indagati sono tutti Patient-Reported Outcome Measurements (PROM) e differivano tra i diversi studi: 2 studi hanno usato l’HOT (International Hip Outcome Tool), 2 studi l’HOS (Hip Outcome Score) ed 1 studio l’HOOS (Hip disability and Osteoarthritis Outcome Score).
Se l’outcome primario dello studio era un PROM, allora quest’ultimo veniva inserito nell’analisi aggregata (pooled analysis), mentre negli studi il cui outcome primario non era un PROM veniva selezionato per l’analisi lo strumento di valutazione più specifico per l’articolazione dell’anca.
Quali sono i risultati emersi dallo studio?
Dagli studi inclusi sono stati analizzati 124 pazienti (67 randomizzati nei gruppi di intervento e 57 nei gruppi di controllo), di cui l’85.5% ha completato tutti i follow-up, per un periodo medio di 9.4 settimane (12 settimane era il valore massimo). L’età media dei partecipanti è risultata essere 35 anni (23-54 anni) ed per il 24% si trattava di pazienti di sesso maschile.
Gruppo di intervento vs Gruppo di controllo – Tramite l’analisi aggregata è stato dimostrato un miglioramento dei patient-reported outcome nel gruppo di intervento rispetto al gruppo di controllo.
Analisi raggruppata delle tipologie di trattamento
- Il Rinforzo del core è risultato statisticamente significativo rispetto al mancato rinforzo del core nell’analisi raggruppata;
- Eseguire una fisioterapia di tipo attivo comporta migliori outcome funzionali rispetto ad approcci passivi;
- Un programma riabilitativo in supervisione comporta benefici significativi rispetto a terapie in assenza di supervisione.
Conclusioni e considerazioni
Dai risultati di questa metanalisi emerge come pazienti trattati in supervisione da parte di un fisioterapista, sottoposti a trattamenti prettamente attivi basati su protocolli di allenamento della forza, con focus anche sul core addominale riportino risultati significativamente migliori di chi è stato trattato con modalità passive e senza supervisione. Considerando questa modalità di intervento a rischio nullo e a costo basso, la fisioterapia core-based dovrebbe assumere un ruolo importante nella fase iniziale della gestione del paziente con FAI, come alternativa alla chirurgia o come intervento “pre-operatorio”. Sebbene la significatività dei risultati ottenuti, rimangono incerte le componenti dell’esercizio legate al rinforzo generale ed al rinforzo della muscolatura del core e le tipologie di esercizi da proporre. Da studi randomizzati controllati che comparavano gli effetti dell’approccio conservativo a confronto di quello chirurgico, è emerso che l’artroscopia, seppur portando a miglioramenti significativi, comporti frequentemente complicazioni e favorisca i processi osteoartrosici articolari. Per questo motivo, i risultati di questa revisione potrebbero rendere la modalità di intervento attiva basata sul rinforzo e sull’attivazione del core una prima opzione di trattamento per pazienti con FAI.
Sebbene il processo di revisione utilizzato sia stato di alta qualità, sono emerse diverse limitazioni:
- Campione di pazienti esiguo
- Distribuzione di genere non rappresentante la media demografica di pazienti con FAI
- Durata dei follow-up piuttosto breve
- Differenze tra i protocolli di intervento e di controllo tra gli studi
Questi dati sono responsabili di un’alta eterogeneità tra gli studi inclusi nella revisione che potrebbe rendere i risultati meno affidabili.
Per confermare il potenziale ruolo della fisioterapia come prima opzione in pazienti con FAI saranno necessari ulteriori studi di alta qualità, che monitorizzino i pazienti con follow-up a lungo termine superiori alle 12 settimane e che utilizzino misure di outcome specifiche per il FAI validate in letteratura.
Take-home Message
Lo studio di Hoit et al. offre un notevole spunto clinico, in quanto ha dato enorme valore alla fisioterapia ed alla figura del fisioterapista nella gestione del paziente con FAI: utilizzare un approccio attivo, basato sul rinforzo del core e su protocolli di esercizio terapeutico in maniera supervisionata è risultato essere più efficace di un approccio passivo e non supervisionato. Questo è un dato davvero importante perché potrebbe permettere al paziente con FAI di evitare o ritardare l’approccio chirurgico intraprendendo (per lo meno all’inizio) un programma fisioterapico, con l’intento di ridurre i sintomi, aumentare la capacità di carico locale e generale in attesa della chirurgia artroscopica ed eventualmente sostituire, o quantomeno ritardare nel tempo, l’approccio chirurgico.
A cura di Andrea Zucchini
Fisioterapista
Collaboratore HealtHub